Mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.> Jovanotti
Dedicato alla Chià
Quelli che pensano che a cultura non dà da mangiare dovrebbero farsi un giro, da metà maggio fino alla fine di giugno, a Siracusa: dal 2005 affaccendata a portare sulle scene sicule gli spettacoli del mondo antico, la Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antica torna a calcare il suggestivo teatro greco di Siracusa.
Andromaca di Euripide, Filottete di Sofocle e Le Nuvole di Aristofane riusciranno forse a battere il record di 150mila spettatori dell’anno scorso? Ce lo auguriamo!
Complice una delle cornici più evocative della nostra terra, paragonabile a poche altre, tra cui forse il Teatro di Taormina (sempre nella terra dei cannoli e delle arance siamo!), questo Festival richiama da anni gente da tutta Italia, riportando in vita personaggi ormai dimenticati: le splendide scenografie faranno da coro ad attori, avvolti in altrettanti splendidi costumi, che interpreteranno vecchi Strepsiadi ridicolmente socratizzanti, Neottolemi e Filotteti alla conquista di Troia, Andromache dalla più potente vis drammatica, in un avvicendarsi di tragedia e commedia che sfiora le realtà dei nostri giorni.
La storia sembra riproporsi, i personaggi rincorrersi, i topoi ripetersi: le scene sembrano già viste, i visi già bagnati da lacrime non nuove, i sorrisi appena sbocciati subito appassiti.
Ma la Grecia non smette mai di raccontarsi e di stupire. La portata universale della sua morale fa breccia nei nostri animi di moderni spettatori occidentali, sebbene abituati alle messinscene melodrammatiche odierne.
I miti greci, con le loro voci e i loro canti, sanno toccare le corde più profonde dell’animo umano, lo stesso da più di duemila anni. La potenza espressiva dei loro caratteri fanno di questi tragediografi e commediografi dimenticati degli autori universali, che, una volta strappati dall’ombra in cui sono stati confinati, sempre avranno da insegnare.
Lasciamoci battezzare dalle figure che a breve popoleranno il teatro siracusano, facciamoci cogliere nella nostra sprovvedutezza di pubblico pagante. E riscopriamoci ancora capaci e desiderosi di fare nosta un’avventura che credevamo non ci appartenesse più.