Archivi del mese: marzo 2011

Aristofane ha le scarpe piene di sassi

Mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

> Jovanotti

Dedicato alla Chià

Quelli che pensano che a cultura non dà da mangiare dovrebbero farsi un giro, da metà maggio fino alla fine di giugno, a Siracusa: dal 2005 affaccendata a portare sulle scene sicule gli spettacoli del mondo antico, la Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antica torna a calcare il suggestivo teatro greco di Siracusa.

Andromaca di Euripide, Filottete di Sofocle e Le Nuvole di Aristofane riusciranno forse a battere il record di 150mila spettatori dell’anno scorso? Ce lo auguriamo!

Complice una delle cornici più evocative della nostra terra, paragonabile a poche altre, tra cui forse il Teatro di Taormina (sempre nella terra dei cannoli  e delle arance siamo!), questo Festival richiama da anni gente da tutta Italia, riportando in vita personaggi ormai dimenticati: le splendide scenografie faranno da coro ad attori, avvolti in altrettanti splendidi costumi, che interpreteranno vecchi Strepsiadi ridicolmente socratizzanti, Neottolemi e Filotteti alla conquista di Troia, Andromache dalla più potente vis drammatica, in un avvicendarsi di tragedia e commedia che sfiora le realtà dei nostri giorni.

La storia sembra riproporsi, i personaggi rincorrersi, i topoi ripetersi: le scene sembrano già viste, i visi già bagnati da lacrime non nuove, i sorrisi appena sbocciati subito appassiti.
Ma la Grecia non smette mai di raccontarsi e di stupire. La portata universale della sua morale fa breccia nei nostri animi di moderni spettatori occidentali, sebbene abituati alle messinscene melodrammatiche odierne.
I miti greci, con le loro voci e i loro canti, sanno toccare le corde più profonde dell’animo umano, lo stesso da più di duemila anni. La potenza espressiva dei loro caratteri fanno di questi tragediografi e commediografi dimenticati degli autori universali, che, una volta strappati dall’ombra in cui sono stati confinati, sempre avranno da insegnare.

Lasciamoci battezzare dalle figure che a breve popoleranno il teatro siracusano, facciamoci cogliere nella nostra sprovvedutezza di pubblico pagante. E riscopriamoci ancora capaci e desiderosi di fare nosta un’avventura che credevamo non ci appartenesse più.

 

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Archiviato in Antichi Greci, Musica

I migranti più perseguitati dell’universo

Le dieci cose per cui vale la pena vivere:

– n° 8: Sognare di tornare a casa dopo che sei stato costretto a star via molto, molto tempo.

> Robert Saviano

Foto Corriere della Sera 29/03/2011

Tra le tante notizie di questi giorni, non si sa a quale dare piùvisibilità.
Oggi vorrei fare come la Littizzetto, che ogni domenica da Fazio mima le notizie più assurde scoperte in chissà quali meandri.

Tra i migranti (adesso si chiamano migranti), i presidenti migliori degli ultimi 150 anni che si sporgono sui predellini, showgirl e bocchini vari, ho scovato questa notizia, sconosciuta ai più: il mio orecchio l’ha registrata ieri sera al tg di Mentana e il mio occhio ci è caduto sopra stamattina sull’editoriale di Ezio Mauro.

Il fatto riguarda una signora che, presentatasi a Forum su Canale 5, con dietro suo marito, forse ex, spiega ai giudici la sua faccenda privata di peste e corna matrimoniali. La signora, tò guarda, è abruzzese, vittima del recente terremoto, e durante la trasmissione “magnifica sulla rete Mediaset l’operato del Presidente del Consiglio e del governo, l’Aquila ricostruita, la vita ricominciata, i giovani che ritornano, i negozi che riaprono. Distribuisce ringraziamenti al Premier, conclude che tra i terremotati chi si lamenta lo fa per mangiare e dormire gratis”.

Molto bene. Peccato però che sia ancora tutta una farsa, peccato però che la signora non sia nè terremotata nè aquilana, ma solo un’abruzzese recitante, peccato però che noi siamo tutti della specie Homo videns e ci crediamo.

Non so se fa più specie il carattere farsesco che ormai hanno assunto tutte le nostre trasmissioni televisive o il nuovo marketing mediatico che punta alla strumentalizzazione delle notizie anche, e soprattutto, nelle situazioni più gravi.

Sarebbe bello fare uno studio per sapere quanti tg e quanti giornali hanno dato questa notizia. Il tg5 mi sa di no…

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La terra degli spritz e dei tramezzini

Forse nessuno ha compreso davvero la propria vita

nè sente di aver vissuto abbastanza

> Non lasciarmi, regia di Mark Romanek 2011

Amo la terra degli spritz e dei tramezzini. Sarà perchè la sento sempre un po’ come la mia terra.

Quando passo per Monselice, nella campagna padovana, rivedo sempre mia nonna, vestita a festa, che mette a letto suo fratello più piccolo, dopo aver rubato dalla dispensa un tozzo di pane; la rivedo mentre, ancora bambina, aspetta sulla banchina il treno che la porterà a Milano, la Milano dove dopo cinquant’anni sarei cresciuta io; risento gli odori che salgono dal grande calderone dove si cucina la minestra fatta di lacrime e di niente; me la immagino quando la prima volta incontra mio nonno, lei già navigata, lui che invece ancora deve conoscere tutto della vita.

Guardo il cielo veneto, che copre una terra povera ma fatta di animi forti, forti bevitori, instancabili lavoratori. Una calma mi invade:  la grande città è lontana, qui tutto scorre lento; Piazza delle Erbe è accogliente e piena di calore e di luce domenicale, come i suoi avventori che ridono rubicondi al ritmo del vino rosso che gli danza nelle gole.

Guardo quei muri e quegli alberi, gli stessi che guardava mia nonna, e penso che anche loro devono sentire, nel profondo della loro materia e delle loro linfa, di non aver vissuto abbastanza.

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L’insostenibile leggerezza della comicità

La vita d’ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l’agitazione e il tormento della giornata, l’incessante ironia dell’attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d’ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia.

> Arthur Schopenhauer

Quando la comicità fa storcere il naso
Satira, sfottò o parodia: nei momenti più cupi della storia, quella con la S maiuscola e quella con la s minuscola, l’uomo ritrova nella comicità una nuova fonte di serenità.
Attraverso la comicità, il ridere di una situazione che offre ben poco al riso, si arriva a stornare il dolore, la paura, l’orrore. Il ridere delle sventure, degli altri soprattutto, si riflette nelle occasioni più quotidiane: il tizio che scivola sulla buccia di banana, i clown che si affollano sui troni del potere, i giornali che commentano l’habemus papam titolando le prime pagine con “Il pastore tedesco”.
Chi, vivendo il fascismo sulla propria pelle, non ha preso in giro Mussolini, petto in fuori e mani sui fianchi? Chi, umiliato in ufficio, non si è beffato del capo insieme ai suoi colleghi?

Tuttavia, bisogna tenere conto che un certo tipo di satira può suscitare sensazioni non ben definite, che stanno al limite del “facciamoci una risata”: è quello che Du Bos, filosofo francese del Settecento, chiamerebbe “sentimento misto”, un riso amaro, che rasserena la mente nell’immediato per poi lasciare spazio a un retrogusto cattivo.
La comicità non è una “cosa” che si può stigmatizzare nella categoria del “cattivo gusto” o del “buon gusto”: essa investe la nostra sensibilità, intesa come emozione e ratio insieme, come pancia e cervello. Non esiste cioè, per la comicità, un senso del gusto oggettivo.
Tutti i comici devono fare i conti che la loro arte non può essere sempre capita da tutti. Ognuno ha il suo modo per esorcizzare i propri sentimenti negativi, trovando le risposte più adatte alle proprie esigenze. Perciò, se qualcuno storce il naso e giudica la comicità fuori luogo in certe occasioni, non significa che non sa stare al gioco, ma semplicemente che in quel dato momento non riesce, non può o non deve prendere con leggerezza quanto parodiato.

Il che non significa che la comicità sia sinonimo di leggerezza, anzi. La comicità è sintomo di profondità, manifesta il desiderio più radicato nell’uomo di tendere al meglio.

Il tutto è nato da una discussione sulla bacheca di Facebook dell’Informazione Plausibile di Radio Deejay.
Concludo brevemente citando proprio uno dei commenti alla discussione: non è mai opportuno attaccare sul personale qualcuno per le sue idee; meglio prendersela direttamente con le idee.

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L’Odissey Dawn di Twitter

Domanda #1: se massacrano i tuoi vicini di casa, lasci fare?
Domanda #2: se Gheddafi restasse al potere, sapete cosa ci aspetta?

> Beppe Severgnini, twittato il 19 marzo

@beppeservergnini #1 in un mondo ideale dove non si baciano le mani ai dittatori, no #2 non ci resterà

Nonno Napisan calma gli animi e le preoccupazioni. E io mi trovo d’accordo con lui.

Nella diatriba tra chi è pro, chi contro l’intervento e chi si nasconde dietro al “eh, ma si doveva agire prima in un altro modo” (sacrosanta verità, ma il prima rimane prima: oggi è oggi), io mi colloco fuori.
Temo di non avere afferrato il senso globale della cosa. Come dice Panebianco nell’editoriale di oggi: “se anche l’opinione pubblica, forse, non lo ha ancora pienamente realizzato, siamo in guerra”.

E’ facile porsi sempre dalla parte dei pacifisti e inneggiare al Peace&Love, ma la domanda di Severgnini è sottile e sibillina, si insinua nello spirito dei radical chic e constringe a una riflessione. Strano non abbia avuto tanto rimbalzo tra i twitteriani: forse perchè non si sapeva cosa rispondere.
O forse perchè ancora l’opinione pubblica sta scaldando i suoi neuroni.

Io risposte sagge alle due domande di Severgnini non le ho trovate. Confido le troverà Sarkozy.

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La primavera della fauna di Facebook

Quando il buon Dio distribuì la stupidità, pare che certa gente
si sia servita tre volte.
> Konrad Adenauer

Dedicato alla fauna di facebook (non a Ida)

Osserviamo la fauna che gira in questo mondo. Soffermiamoci su quella particolarissima fauna che gira nel mondo di Faceboook.
La desolazione è dietro l’angolo.

In giornate di primavera come oggi (ma non ci speriamo troppo, casomai venga giù un nubifragio improvviso stile il temporale estivo di ieri, diventato peraltro uno dei topic per i twitteriani milanesi), la gente invece che inforcare bici o andare a correre, si piazza davanti allo schermetto ad aggiungere gente non-amica a caso.

Parla una che è super tecnologica e che fa grande uso dei Social Network, anche per lavoro.
Ciononostante, resto sempre sorpresa di come ormai la gente ritenga più importante un click su facebook o il Sì di un’amicizia on line.
Una risposta a una lettera vera vale molto di più, anche se non condivisa con il mondo.

Usiamo le cose con intelligenza e lasciamo la stupidità alle specie in estinzione.

Ma leggendo la prima pagina del giornale di oggi, la stupidità mi travolge con il suo pauroso orrore.

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Erri De Luca e la laurea della Giò

Quando ti viene una nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia.

> Erri De Luca

Come spesso mi accade, è per caso che ieri sera ho beccato (proprio beccato) Erri De Luca su La7 che presentava il suo nuovo libro “E disse”.
Proprio come ha detto la Bignardi, i libri di Erri sono piccoli, brevi, ma le frasi che contengono sono enormi. E forse proprio per questo Erri le ha risposto che quelle belle parole che scrive hanno un senso solo all’interno di un particolare libro, non da sole.
Dunque vado un po’ contro le intenzioni dell’autore se decido di aprire questo post con una sua citazione. Ma tant’è: di tanto in tanto le sue parole vengono a farmi visita e alla fine restano sempre un po’ con me.

Oggi alla laurea di Giorgia mi è venuta nostalgia, che non è mancanza, o meglio, che non è vuoto – mettiamoci dentro un po’ di Lacan, la Gio ne sarebbe felice, o forse anche no… – ma presenza: la nostalgia di persone che non vedevo da tanto tempo, di luoghi dove ho vissuto un pochino della mia vita, di cose un tempo familiari e quotidiane.
E’ bello ogni tanto stare in compagnia di quel se stessi che si era un tempo.

Per cui grazie Erri e grazie Giorgi.

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Buona Italia a tutti!


Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

> Dante, Purgatorio VI

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Lo speed limit e Oceano mare

Accadono cose che sono come domande.

Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.

> Alessandro Baricco

Dedicato a Paola

In auto ci sono quelli che vanno troppo veloci e quelli che vanno a due all’ora; a tavola ci sono quelli che ingoiano il piatto e quelli che dopo due ore hanno ancora lì metà maccheroni; a camminare ci sono quelli che hanno il passo milanese e quelli che non ce l’hanno (e non ce l’avranno mai pergiunta!).

C’è chi va troppo veloce, chi corre sempre in tutto quello che fa, anche la domenica, e chi, cascasse il mondo, ci mette il doppio del tempo per fare qualsiasi cosa. Pena o no il risultato, in entrambi i casi.

Ognuno ha il proprio speed limit, come dice Paola: il mio è addirittura retroattivo. Lo supero e la pago il giorno dopo o anni dopo, effetto boomerang.
Retroattivo sì. E il vostro?

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L’eternità della Casa 139

L’eterno non è il tempo che continua senza fine, cancellando in ogni istante quello precedente. L’eterno è la vita nelle sue epifanie essenziali – dolore, felicità, amore, conoscenza della verità – sempre presenti; è il kairòs dei greci, il momento in cui l’eternità e la rivelazione dell’assoluto irrompono nel tempo e nell’esistenza; è l’attimo di Michestaedter, sempre vissuto come se fosse l’ultimo.

> Claudio Magris
Corriere della sera 11 mar 2011

Sperimentiamo l’eternità ogni giorno: ogni sera che usciamo, ogni concerto a cui andiamo, ogni birra che beviamo.
Milano è una città che muore, ma è bella, basta ricordargielo!

Ascoltiamo a Popolare Network perchè i Circoli Arci non hanno più quel respiro d’eternità di una volta: La Casa 139 risponde.

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